
14 Mag Investire nel mattone o no… risposta ad una facile domanda.
Nelle settimane scorse ho fatto un intervento chirurgico, e una volta arrivata in sala operatoria infermieri e medici mi hanno chiesto che lavoro facessi. Quando ho risposto che faccio il consulente finanziario, mi hanno subito chiesto: “Ma ci dica, questi immobili è proprio vero che non sono da comprare?”. Ho risposto “È vero e per ben tre buoni motivi: redditi, demografia, tasse” e non so quali sono stati i commenti dei presenti perché nel frattempo mi ero beatamente addormentata.
Oggi però, siccome questa domanda è molto ricorrente tra quelle che spesso mi fate, voglio dare una risposta più completa.
Considerata l’inflazione un immobile acquistato nel 1975 ad oggi non avrebbe aumentato il suo valore!
Lo so che la vostra casa ha le rifiniture pregiate, che l’avete sempre manutenuta correttamente, che è in un posto meraviglioso, con un panorama splendido. Ha sicuramente un gran valore per voi, ed è corretto, ma se doveste trovare un compratore quel numero che avete in testa probabilmente dovrebbe essere visto al ribasso.
Partiamo dalla problematicità legata ai redditi e alla precarietà.
In Italia solo il 10% dei residenti non ha una casa in proprietà o in affitto da un famigliare, quindi possiamo dire che la domanda di case ha un mercato già di partenza molto ristretto.
Se pensiamo che fino a 10 anni fa le compravendite venivano comunque sorrette da numerose coppie di giovani che decidevano di accasarsi, possiamo capire che oggi, lecondizioni economiche di chi ha meno di 35 anni sono decisamente cambiate. Prima di tutto il lavoro è molto più flessibile e questo incide molto sul mercato immobiliare perché non avendo stabilità di reddito si fa più fatica a farsi concedere un mutuo. Capita inoltre che i giovani debbano spostarsi durante la loro carriera lavorativa e questo disincentiva l’acquisto di un immobile che, come dice la parola stessa, una volta acquistato non può essere spostato per seguire il lavoro.
A questo aggiungiamo che i redditi di chi si approccia al mondo del lavoro stagnano, quando va bene, attorno ai 1000- 1200 euro ed un mutuo di €100.000 (e cosa si compra poi con € 100.000?) richiede il pagamento di una rata di €530 per 20 anni.
IMMOBILI E DEMOGRAFIA.
Abbiamo già detto che sono pochi i residenti che non hanno casa di proprietà, in più ci si mette il fatto che l’Italia perde di anno in anno una parte di popolazione. Questo ovviamente perché è diminuito il tasso di natalità sia degli italiani, sia degli stranieri e siamo una nazione sempre più vecchia.
Le statistiche demografiche contano che se questo trend non dovesse subire radicali modifiche, ma non mi pare di vedere una sindrome da pancione in giro, nel giro di 20 -30 anni saremo 5 milioni di residenti in meno, quindi 5 milioni di abitazioni vuote in più.
Non facendo più figli, ci sono dei bambini di oggi, che da adulti erediteranno tutti gli immobili dei genitori, dei nonni materni e paterni e tante volte anche degli zii single. Magari poi, da adulti andranno anche a lavorare o a vivere in lidi lontani.
Ovviamente, tutte queste considerazioni, in una provincia come la nostra, con importanti problemi di spopolamento e di anzianità dei residenti, la problematica si accentua.
IMMOBILI E TASSE.
Il terzo elemento che disincentiva l’acquisto di immobili come asset di investimento sono le tasse.
Del resto, due terzi del patrimonio degli italiani è in mattoni, di conseguenza, negli ultimi dieci anni, quando governi o amministrazioni locali, avevano bisogno di reperire risorse, potevano contare su introiti sicuri, tassando gli immobili.
Solo negli ultimi 7 anni gli introiti derivanti dalle tasse sugli immobili sono aumentati del 25% anche se i valori immobiliari sono scesi mediamente del 30%. E le due tendenze sono ovviamente correlate: più si tassa un asset e meno si incentiva la domanda di quel mercato, e sappiamo bene come i prezzi del mercato immobiliare siano molto condizionati dalla domanda di nuove case.
Il prelievo fiscale sugli immobili ha diversi nomi: Imposte sui trasferimenti, come imposte catastali e imposte di registro, cedolare secca sugli affitti, tasse ordinarie come l’IRPEF ed infine, quelle più consistenti, IMU e TASI, che corrispondono a metà del gettito totale.
Il conto finale sono circa 40 miliardi all’anno di tasse incassate, per farvi capire la proporzione, la vecchia IMU sulla prima casa, tanto giustamente contrastata, raccoglieva solo 4 miliardi all’anno!
Ma non tutto il mattone viene per nuocere…ve ne parlerò la prossima settimana!