
31 Lug Si può fare a meno del rischio in finanza?
Ebbene no, i rischi in finanza esistono eccome! Come in tanti altri aspetti della nostra vita, anche quando parliamo dei nostri risparmi dobbiamo convivere con il concetto di “rischio”.
Il rischio è quello che si prendono quotidianamente gli imprenditori, il famoso rischio d’impresa, il rischio è quello che decidiamo di correre quando superiamo il limite di velocità; il rischio di non seguire il TOM TOM; il rischio di innamorarsi della persona sbagliata…
Insomma il rischio è un compagno di vita, rischio significa “osare” e andare oltre. E come tutti i giorni facciamo quasi automaticamente di fronte ad ogni scelta, anche in finanza dobbiamo imparare a gestirlo, ad affrontarlo e ad usarlo, perché non se ne può proprio fare a meno.
Anzi il rischio è proprio ciò che ci porta al rendimento, a questo proposito riporto una definizione particolarmente efficace che ho letto in un articolo di Gabriele Turissini, Direttore di Investors’, qualche tempo fa: “Il rischio? E’ la carta regalo che avvolge i rendimenti”.
Il rischio è infatti inscindibile dal concetto di rendimento e viceversa: il rendimento è il premio al rischio che decido di assumermi così come l’utile della mia azienda è la contropartita al rischio di aprire e condurre la mia impresa.
Esiste qualche prodotto Risk -Free? Purtroppo no, non esiste più nulla senza rischio. Nemmeno i Titoli di Stato, che sono in balia dell’andamento dei tassi e dell’inflazione, come abbiamo visto in precedenti pubblicazioni.
SIAMO TUTTI AVVERSI AL RISCHIO, MA CONTINUIAMO A RIMETTERCI DEI SOLDI, PERCHÉ?
Primo: il grado di educazione finanziaria nel nostro Paese è molto basso, tanti risparmiatori non conoscono tutte le tipologie di rischio e cadono nell’errore di farsi condizionare dalla volatilità, tralasciando l’interesse che invece dovrebbero avere verso i rischi veri, come il rischio di credito ( il rischio che l’emittente che ti ha venduto il suo titolo fallisca e non sia più in grado di ridarti i tuoi soldi); il rischio di liquidità (il rischio che un giorno tu voglia rivendere un titolo che però nessuno vuole); il rischio tasso ( rischio che il mio investimento perda valore perché il giorno dopo che l’ho acquistato qualcuno ne proponga di uguali che danno rendimenti maggiori) e altri ancora.
Secondo: la nostra emotività ci fa compiere scelte sbagliate. La finanza comportamentale dimostra come l’essere umano, nel gestire i propri denari, non sia capace di prendere decisioni razionali, compiendo errori a volte fatali come quelli di comprare un titolo perché l’amico ci ha appena guadagnato un sacco, piuttosto che vendere quello che nell’ultimo anno è in perdita.
Terzo: riporto ancora l’esempio del medico che deve operare il proprio figlio. Non lo farà mai! L’emotività può essere determinante e prendere il sopravvento. Cosa farebbe? Affiderebbe il proprio figlio ad un altro medico, assolutamente di fiducia, un professionista, il migliore, il più preparato. Il risparmiatore italiano invece si affida più ad amici e parenti, che a consulenti professionali, o in molti casi si affida al “fai da te”. Ma quando dobbiamo vincere una causa o rispondere ad una controversia con il Fisco, o farci prescrivere una terapia, ci basta andare su Google per trovare le soluzioni, o andiamo da una persona esperta che si occupa di legge, fisco o medicina per professione?
MA IL RISCHIO È BASSO, MEDIO O ALTO?
Ecco, questa è un’altra semplificazione che porta i risparmiatori a prendere cantonate.
Non esiste il rischio basso, medio o alto, o meglio, il rischio che per me è basso per te può essere assolutamente altissimo; oppure per me rischio è la perdita del capitale mentre per qualcuno di voi è la semplice oscillazione del valore dell’investimento. Addirittura qualche cliente mi dice che per lui il rischio è non guadagnare.
Quindi spiegate bene al vostro consulente cosa intendete voi per rischio perché se chi vi da indicazioni professionali non ha questa informazione rischia di proporvi soluzione non adeguate.
Il rischio non può essere solo una percezione. Il rischio può e deve essere misurato. Per ogni investimento c’è la possibilità di misurarne il rischio, con parametri oggettivi ( come ad esempio l’ISR, il Var, il Rating,) che ci permettono di confrontare strumenti diversi e capire quale è il più rischioso, e ogni risparmiatore può scegliere la sua “dose massima” di rischio.
Per esempio, una singola obbligazione ha un indice di rischio più alto di un Fondo che ne contiene mille, ci sono addirittura delle obbligazioni emesse da società o enti particolarmente fragili che possono essere più rischiose di un indice azionario.