Come viene pagato il consulente finanziario.

Uno dei misteri che avvolgono il mondo della consulenza finanziaria sta nelle modalità attraverso le quali viene pagato il consulente.

Spesso i miei clienti non si pongono questa domanda, oppure, posso pensare che non abbiano la voglia di chiedermi informazioni più dettagliate rispetto a questo aspetto che è molto importante.

Colgo l’occasione quindi per fare un po’ di chiarezza perché alla base del rapporto con i miei clienti c’è prima di tutto la fiducia, e quindi mi sembra doveroso far capire bene come è regolato il nostro rapporto economico. Secondo una recente indagine della Consob italiana il 45% degli investitori dichiara di non sapere come venga retribuito il servizio, addirittura il 37% pensa che il consulente lavori gratis.

È come pensare che il medico di base, visto che non fa pagare i suoi interventi, viva di aria. Invece anche lui riceve una retribuzione dallo Stato e quindi in realtà, ognuno di noi paga un piccolo pezzo del suo onorario con le proprie tasse, a prescindere dal fatto che ne usi o meno i servizi.

 

LE PRINCIPALI FONTI DI REDDITO DEL CONSULENTE FINANZIARIO.

Le commissioni di ingresso: alcuni strumenti finanziari richiedono di pagare delle commissioni di ingresso nel momento in cui si sottoscrive il contratto. Queste commissioni variano da prodotto a prodotto e possono arrivare in alcuni casi anche ad un 3%.

Facendo un esempio, se io investo €10.000 in uno strumento finanziario che prevede il 3% di spese iniziali in realtà il mio patrimonio netto investito darà di € 9.700.

Le €300 euro di spese iniziali verranno distribuite tra la banca e il consulente finanziario in base ad un accordo tra queste due parti.

Di questa tipologia fanno parte anche le commissioni sull’acquisto e vendita di singole obbligazioni e azioni.

Quindi ogni volta che viene eseguito un acquisto o una vendita di singoli titoli, il cliente paga e il consulente guadagna una parte di tale spesa.

Le commissioni di riscatto: con le stesse modalità, alcuni strumenti potrebbero prevedere delle penali di riscatto anche più alte rispetto a quelle di sottoscrizione. Si può addirittura arrivare al 5%.

Solitamente vengano applicate con diversi scopi: disincentivare il cliente a liquidare prima della maturazione del giusto orizzonte temporale; fare un’azione per trattenere il cliente e creargli “un danno” qualora volesse cambiare intermediario ecc…

Nella maggior parte dei casi queste spese vengono interamente trattenute dagli intermediari e i consulenti non  ne beneficiano direttamente.

La fonte di reddito prevalente di un consulente finanziario derivano dalle Commissioni sul patrimonio in gestione.

Gli strumenti finanziari infatti per la maggior parte prevedono un costo di gestione annua che viene prelevato direttamente da chi gestisce tali strumenti e che è una percentuale della somma investita.

Il cliente quindi non si rende conto dell’esborso perché non gli viene evidenziato e continuerà a vedere il valore dei propri investimenti al netto di tali spese.

È per questo che molti no si rendono conto di pagare il servizio.

Tale commissione di gestione, viene distribuita come compenso tra il gestore (Morgan Stanley, Pimco, Franklin Templeton ecc…) la Banca e il consulente  finanziario.

È da queste commissioni che il consulente ricava il suo reddito stabile e periodico.

La quantità dipende dagli accordi che egli ha con la propria banca.