Inflazione e svalutazione

In questo articolo di ottobre abbiamo introdotto il tema dell’inflazione, vi ricordate la metafora del roditore che tutti i giorni si mangia un pezzo del nostro potere di acquisto?

Avevo raccontato quando si innesca l’inflazione, cioè quando imprese e consumatori investono e comprano più beni e servizi, spingendo i prezzi a salire.

Ma l’inflazione può derivare anche da una svalutazione della valuta nazionale. Vi ricordate l’Italia dei primi anni ’90? La svalutazione della moneta aggredì soprattutto le fasce più deboli della società erodendone sistematicamente il potere di acquisto.

Il ruolo della BCE è specificatamente quello di controllare l’inflazione, regolando i cicli economici, con l’obiettivo di stabilizzarla attorno al 2%. Per farlo la BCE, come le altre banche centrali, aumentano o diminuiscono i tassi di interesse. Abbassandoli incoraggia le banche a chiedere soldi alla BCE per poterli usare per finanziare l’economia reale, quindi maggiori prestiti a tassi bassi incoraggiano le imprese ad investire e i consumatori ad acquistare portando una spinta alla crescita economica e quindi anche all’inflazione. Quando invece alza i tassi produce l’effetto contrario, scoraggia l’indebitamento e raffredda l’economia, frenando quindi l’inflazione.

 

MA QUALE EFFETTO HA L’INFLAZIONE SUI MIEI INVESTIMENTI?

I rendimenti a medio – lungo termine degli investimenti devono seguire l’inflazione, altrimenti abbiamo lo stesso problema dei conti correnti. Ciò che conta non è il valore assoluto del rendimento, ma il suo valore reale, quindi epurato dell’effetto inflattivo.

Molti dei miei clienti rimpiangono i primi anni ’90 in cui bastava comprare un BOT e si guadagnava il 19% all’anno, non considerano però che l’inflazione arrivò anche oltre il 20%, e si lamentano oggi perché guadagnano il 3% – 4% nel medio periodo, con un’inflazione all’1,5%.Non siamo abituati a valorizzare il nostro denaro in termine di reale potere d’acquisto.

Facciamo una prova: se vi proponessi l’acquisto di un’obbligazione che rende il 2% lordo (corrispondente a circa 1,55%) per 5 anni, ci guadagnereste?

No, manterreste l’attuale potere d’acquisto, quindi diciamo che fareste pari e dovreste sperare che l’inflazioni da lì ai successivi 5 anni non aumenti, altrimenti otterreste addirittura una perdita.

Badate bene, ho detto all’inizio del paragrafo “rendimenti a medio – lungo periodo” perché attualmente per poter proteggere i propri risparmi dall’inflazione bisogna diversificare il proprio patrimonio in strumenti finanziari che hanno un orizzonte temporale medio -lungo, e bisogna accettare che nel breve periodo ci possono essere anche oscillazioni temporanee negative. Diversificare per esempio con un po’ di mercato azionario è una buona idea per contrastare l’inflazione perché ricordate: se c’è inflazione è perché l’economia va bene, e se l’economia va bene le azioni delle imprese aumentano il loro valore, ovvio e inutile ricordarvi, maneggiare con il giusto orizzonte temporale.

 

COME PROTEGGERE UN PORTAFOGLIO DALL’INFLAZIONE.

Ma è possibile proteggere i risparmi dall’inflazione? Certo ci sono alcuni strumenti finanziari che ci vengono in aiuto.

Esistono infatti strumenti finanziari diversificati che hanno un rendimento collegato all’inflazione. Le prime obbligazioni indicizzate nacquero la prima volta negli anni ’80 nel Regno Unito e nel giro di qualche anno sono state prese da esempio dalla maggior parte dei paesi.

Un’altra soluzione di protezione sono strumenti finanziari che comprendono titoli a tasso variabile, che quindi hanno un rendimento che cambia nel tempo in base ai principali tassi. Questi anche se non seguono precisamente l’inflazione riescono comunque a seguirne il trend.

Un’altra forma di protezione è legata a tutti gli strumenti collegati alle materie prime, che sono le prime a vedere i prezzi aumentare in fasi di crescita dell’inflazione. Bisogna però considerare che i prezzi di questi strumenti non dipendono solo dall’inflazione, pensiamo ad esempio al prezzo del petrolio, e quindi devono essere sottoscritti solo se come presupposto il risparmiatore ha un orizzonte temporale maggiore di 10 anni.