Il commercio internazionale: perché tanta attenzione.

Con la “globalizzazione” le economie di tutto il mondo hanno dovuto integrarsi, attraverso il commercio e i flussi finanziari, ma anche attraverso lo spostamento di forza lavoro e dei “cervelli”.

La nostra vita di tutti i giorni è stata influenzata dalla globalizzazione: oggi è normale scegliere tra decine di marchi di auto diverse, non più solo Fiat, BMW o Mercedes ma anche Mazda, Toyota. Se volete andare in vacanza preferite una spiaggia della Sardegna o una meta esotica come Cuba, Santo Domingo o la Thailandia?

Tutto questo ci è facile grazie alla globalizzazione, grazie quindi ad un’economia aperta, dove beni e servizi e forza lavoro possono essere acquistati in mercati internazionali.

La comprensione della globalizzazione è ancora agli albori perché si tratta di processi emersi recentemente (ultimi 20 anni), ma anche se ha portato a dei problemi, soprattutto alle nazioni già ricche, ha portato un aumento dell’efficienza dell’economia e la concorrenza su scala mondiale. Qualcuno si è adeguato velocemente e ha portato a casa grandi benefici come India e Cina dove i redditi sono aumentati del 50%; l’Africa continua ad arrancare anche se anche nel “continente perduto” è migliorata la percentuale di persone sopra la soglia di povertà e in Europa ci sono Paesi che crescono bene come Germania e Olanda e Paesi che soffrono come Francia e Italia.

 

PAESI EMERGENTI vs PAESI INDUSTRIALIZZATI.

Costi di produzione bassi, scarse protezioni sindacali, lavoratori ad alta produttività, queste erano tutte minacce che i paesi emergenti hanno portato al mercato delle economie avanzate.

Ovviamente grazie a queste leve, i Paesi Emergenti sono diventati più competitivi e ormai interi settori produttivi sono in mano ad operatori cinesi, brasiliani, vietnamiti ecc….

Le attività produttive e i lavoratori occidentali sono diventati quindi poco competitivi e abbiamo visto disoccupazione in aumento, imprese che vengono comprate o chiuse. Ci sarebbe quindi abbastanza argomentazione per condannare la globalizzazione ma c’è un elemento che ci impedisce di farlo: nei Paesi emergenti, grazie ai grandi investimenti che si sono spostati a loro favore, si stanno formando ceti di lavoratori con migliori prospettive di reddito che sono già diventati consumatori per mote aziende dei Paesi avanzati: avete mai passeggiato per qualche Outlet di Made in Italy in mezzo a gruppi di asiatici, sbarcati appositamente per fare acquisti?

Insieme alle conseguenze negative quindi ce ne sono state anche di molto positive per le aziende che producono servizi e beni ad alto contenuto specialistico e quindi non replicabile da forza lavoro non specializzata, come anche per le aziende che producono beni legati al territorio di origine, che ovviamente non possono essere delocalizzate. Pensiamo al settore turistico o a quello dell’agroalimentare italiano.

Non dimentichiamo inoltre che i giovani occidentali hanno un mondo globale in cui viaggiare e in cui portare ed esprimere le loro competenze.

 

LE BUGIE SUL COMMERCIO INTERNAZIONALE.

Sul tema se ne sentono un po’ di tutti i colori, e alcune affermazioni vengono prese per vere solo perché pronunciate da qualche politico di spicco…

Ad esempio, l’affermazione che “le politiche protezionistiche riducono la disoccupazione” è un’asserzione errata: se si proteggono alcuni settori dalla concorrenza estera, probabilmente i lavoratori di quello specifico settore saranno tutelati. Ma se la nazione dall’altra parte del mondo non compra più beni di quel paese, questo probabilmente sarà causa di disoccupazione nei settori che si basano sulle esportazioni.

Un’altra convinzione errata: “con le importazioni il denaro va all’estero, invece di essere speso all’interno dell’economia nazionale”.  In un mercato aperto un paese importa alcuni beni e ne esporta altri, quindi il flusso di denaro c’è sia in uscita che in entrata. Inoltre questo spinge i Paesi a vendere all’estero ciò che sono più bravi a fare, e questo porta a specializzarsi e quindi a diventare ancor più competitivi.

Bisogna infatti ricordarsi che da vent’anni a questa parte, l’economia è un sistema aperto e proteggersi potrebbe significare offrire il fianco ad altre perdite.

E noi, che solitamente parliamo dei nostri risparmi, perché non pensiamo ad investire un pezzettino del nostro patrimonio proprio nei paesi emergenti che stanno beneficiando degli effetti della globalizzazione? E visto che ne abbiamo parlato, perché non puntare nei settori del sistema occidentale che ha saputo superare il problema dell’economia aperta attraverso innovazione e specializzazione?