Questo piccolo grande amore: la macroeconomia.

Era il settembre del 1994, quando una giovane studentessa del Liceo Scientifico di Belluno, si preparava per affrontare l’ultimo anno di superiori, prima del suo ingresso nel mondo della giurisprudenza.

La mattinata era piena di sole e lei inconsapevole di ciò che le sarebbe successo, entra in aula per seguire la lezione di Filosofia con uno dei suo professori preferiti, Vincenzo D’Alberto, con il quale spesso si addentrava in discussioni ferventi sull’inutilità della materia in discussione e soprattutto sulla strana coincidenza che sui libri di filosofia si trovavano solo nomi maschili.

Il professore quella mattina le aveva preparato una sorpresa iniziando a parlare dei grandi maestri della macroeconomiaKeynes, Adam Smith, Marx e BOOM!! Per la ragazza è stato amore a prima vista; butta nella spazzatura l’iscrizione alla facoltà di giurisprudenza e si iscrive senza remore al corso di Economia Politica della Facoltà di Economia di Trento.

Quella giovane studentessa oggi ha 43 anni e vi sta scrivendo da queste pagine, con la stessa passione per la macroeconomia che l’aveva vinta in quel lontano settembre, e che durante i suoi Aperitivi Finanziari va alla ricerca dei perché e dei come dell’economia di oggi per guidarvi nella comprensione di ciò che di importante vi accade intorno.

Ma perché mi piace tanto? Perché la macroeconomia è la scienza che studia l’insieme di un sistema economico, analizzando il modo in cui i soggetti economici agiscono e interagiscono tra di loro e determinano le più importanti dinamiche economiche come inflazione, occupazione, e crescita economica.

Roba da andar via di testa vero?

 

QUANDO NASCE E A COSA SERVE.

Il termine macroeconomia fu introdotto la prima volta nel 1933 dal premio Nobel Ragnar Frisc, uno studioso norvegese, ma solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale gli economisti mostrarono un vero e proprio interesse per questa visione dell’indagine economica.

La macroeconomia ha finalità prevalentemente pratiche perché deve essere in grado di fornire ai responsabili della politica economica strumenti di indagine e di previsione che li mettano in grado di ridurre il più possibile eventi negativi come crisi, recessioni e inflazioni. Per riuscire a farlo, questi studiosi usano, non solo le abituali teorie economiche, ma anche la statistica, la matematica, la sociologia e altre materie.

 Riassumendo, un macroeconomista deve elaborare ricette che servano per migliorare le condizioni di vita e di lavoro e il benessere materiale di una comunità, in modo da assicurarne uno sviluppo continuo e quanto più equilibrato possibile.

Le difficoltà nasce dal fatto che gli economisti non vivono sulla luna, e sono persone che ovviamente vengono influenzate dal contesto sociale e non possono prescindere dai loro valori, come ho raccontato qualche settimana fa.

Che la terra non sia piatta è più facile da dimostrare rispetto alle condizioni che generano inflazione, perché la prima è una evidenza empirica, la seconda risposta dipende dall’agire di molti soggetti ognuno dei quali ha valori diversi.

 

STRUMENTI E OBIETTIVI DELLA MACROECONOMIA.

La macroeconomia usa due principali strumenti per modificare il sistema economico: la politica fiscale e la politica monetaria.

La Politica Fiscale è l’insieme degli strumenti che aiutano a modificare il tessuto economico attraverso un aumento o una riduzione dell’intervento pubblico nell’economia ed essenzialmente sono:

Aumento della spesa pubblica o riduzione delle tasse: in questo modo si ottiene una crescita economica quando questa è in recessione o in rallentamento. Dall’altro verso, la diminuzione della spesa pubblica o l’aumento delle tasse servono quando l’economia si trova in una fase di surriscaldamento e di eccessiva inflazione.

La Politica Monetaria si traduce invece nell’aumento o nella riduzione dell’offerta di moneta da parte delle Autorità Monetarie e le sue azioni sono principalmente le seguenti: aumento dell’offerta di moneta per stimolare la crescita ( più denaro c’è più le persone tendono a spenderlo) o riduzione dell’offerta di moneta per raffreddare l’economia e bloccare l’inflazione. In generale il controllo del denaro in circolazione serve a rendere più stabile e ordinato il sistema economico.